“Si riparano radio d’epoca”, e nella stessa vetrina: “Riversaggi di film su videocassette VHS, BETA, V8 e DVD”. Il suo pensiero parte, viene messo in moto da quell’accostamento tra le sigle, stringhe di modernità, e quel vento di memorie che soffia ancora da una “radio d’epoca”. E già la sua mente s’inoltra per il vitale sentiero dei contrasti.
È il 27 dicembre 2005: oggi, le porte di casa dei napoletani si aprono più indolenti del solito, la gente scende in strada lasciando i propri sensi tra i fuochi dei fornelli: sulle labbra occhieggiano rivoli luminosi del miele degli struffoli, mentre vongole fresche saltellano, tra stomaco e cervello, in attesa del prossimo cenone. Pian piano l’aria si gonfia di presenze e lei si ferma a succhiare quel respiro strano, fatto di tutto e del suo contrario: ora è la sua mente a sembrare una radio, riversandole addosso parole alla rinfusa, commento di quelle immagini interrotte e spezzate. E allora… un palazzo dal ventre scorticato, le dice che la città è malata, ma un altro, attaccato alle nude viscere del precedente, impera sano e altezzoso contro ogni incuria. Sotto di essi, un vicolo che smania di nitore e immondizia, in un crogiolo di umori diversi che si accaparrano il diritto di urlare, impudichi, la propria esistenza. Avanza ancora tra vecchie botteghe e negozi dell’ultimo grido dove legge: “Stampe offset, imaging system photo”, parole, altre, che irrompono in una lingua coniata dal consumo rapido ed efficiente. Si gira ancora a guardare l’ombra del palazzo: vorrebbe chiedere ai tarli delle sue putrelle di legno quanto altro tempo di vita hanno deciso di dare all’edificio e alla sua gente, ma questo pensiero, vestito di poetica condivisione per un tragico destino, viene spazzato via da un rombo: una sorta di manichino umano lucido e nero, a cavallo di una moto, solca, impazzito, il decumano, sfiorando corpi dove c’è la stessa dicotomia tra vecchio e nuovo: anziane signore con bastone, sedicenni con ombelico occhieggiante all’aria umida. Torna indietro: quelle immagini richiedono tempo e dono incondizionato di se stessi per poter capire. Rilegge la scritta nella vetrina da cui ha iniziato il percorso: “Riversaggi su DVD”, ripete tra sé: “DI VU DI”, sigla breve per strumenti ad alta fedeltà, sintetici, dove i pezzi sono incasellati al loro posto. No, Napoli non potrà mai essere rappresentata dalla visione di un “DI VU DI”.