Tu ed io increduli, ma alla ricerca di una storia inedita tra due intimità. Al telefono le parole si allontanano dal centro, deragliando verso una comunicazione leggera, ferma tra silenzi pieni. Ho paura di abbandonarmi a credere che il tono della tua voce tradisca il reale desiderio di un sentimento che inizia a mettersi in cammino. Spesso, ripercorro queste nostre conversazioni pensando, con ironia, alla migliore cinematografia francese, dove, oltre al dialogo tra i protagonisti, appaiono le didascalie per tradurre il loro pensiero, il non detto delle loro menti. Per circa tre mesi questo è il copione, un tempo infinito, fino a quando, per la prima volta, le parole non si uniscono al pensiero con una semplice espressione, pura come acqua di fonte: “Ti voglio bene”.
Ci incontriamo dopo una settimana: ore in sequenza che io ho scavalcato in groppa ad una tensione ora languida ora vibrante, tra le immagini del tuo volto ricoperto dal primo bacio, dalla prima carezza. Sono tentativi di previsioni che annodano l’anima con un nastro per un regalo che si apre lentamente, sotto la paura delle nostre dita.
Arrivo all’incontro con le mani candide e pronte, già bagnate d’emozioni.
Entro nella stanza, ti trovo impaurito, ma subito comprendo che questa paura è in te da sempre, da prima di me: è quella che per noi umani gira intorno all’ignoto. Ti tuffi nel rischio, guardingo davanti al volo, prima di accogliere il tuo tumulto. Io sono là, forte e impavida ma riservata… solo un istante e questa diversità viene annullata dalle nostre labbra, gli occhi si chiudono poggiandosi anch’essi sulle bocche morbide, avidi di riposo: desiderano sentire senza guardare. I baci si susseguono, gli occhi si riaprono, vedono solo noi e si richiudono umidi di gioia: è la luce attraverso la quale ora guarda anche l’anima.
In questa nuova stanza della mia vita comincio a raccogliere dal tuo io abbandonato, sento vibrare antiche sofferenze, inganni e ferite, ti lascio intravedere le mie, ma già so che in questo nostro spazio ogni sangue versato si rapprenderà vergognandosi del suo lacerante corpo.
È ora di lasciarci, ci guardiamo intorno, usciamo lasciando la porta socchiusa: in strada il mondo sembra guardare solo noi.