“Bla, bla, bla”. E poi ancora: “Bla, bla, bla…” Ovviamente non erano queste le sillabe pronunciate, in quel momento, dalle persone intorno a lui, ma queste erano le stringhe di lettere che registrava il suo cervello, sentendole. “Bla, bla, bla”, blaterò tra sé, soffocando di noia e tirando con sforzo gli angoli della bocca per un sorriso stentoreo.
Decise di allontanarsi da quell’angolo. Una comoda poltrona invitava, con la sua ampia forma, dal lato opposto della stanza, che lui attraversò senza esitare, per accomodarsi accavallando le gambe. La poltrona era situata vicino a una porta, un posto strategico perché la gente non si accalcasse a ridosso delle sue indisciplinate orecchie, ma si trattò di pochi istanti di libertà, prima che quei bla bla bla… profferiti da altre bocche, non lo raggiungessero precisi come una scia di formichine in fila indiana: il suo neocid non aveva funzionato e anche quella poltrona cominciava ad avere i suoi tarli nella trama del suo pregiato legno. Si alzò zigzagando tra la folla e uscì sul terrazzo, ma, all’aria aperta, gli sembrò di avere al posto delle orecchie un radar dei più sofisticati: “Io vado sempre da Spatafora, ha buoni prezzi e il cuoio è veramente morbido!”, “No, io preferisco Bata, è più trendy!”, “La figlia di Giovanni si è sposata”, “Ah sì, quando?”, “Una settimana fa”, “E lui chi è?”,“Un ottimo partito!”. Le due donne parlavano con un tono di galline sovraeccitate, da assetto da cocktail, e una delle due si guardava intorno con occhi sgranati e ondeggianti come lenze disperate in quello stagno di bla bla bla… ma ecco Giovanni: “Ho saputo che tua figlia si è sposata… e chi è il fortunato?” chiese l’una, “Un ottimo partito!”, il padre rispose distratto e in fuga. “Quest’uomo non ha nome…”, lui pensò. Poi si avvicinò la madre della sposa e le due galline le fecero la stessa domanda per avere la stessa risposta: “Un ottimo partito!”, la donna rispose allontanandosi senza aggiungere altro. Lui si spostò in un angolo della terrazza e, stuzzicato da quell’ “ottimo partito”, immaginò una specie di giallo overdose, sì, proprio come una droga, la cui trama, una volta di pubblico dominio, avrebbe libidinosamente alimentato una serie di altri bla bla bla inorriditi dalla storia dove la sposa si sarebbe ritrovata in un giro di prostituzione d’alto bordo, per essere la protagonista di un vero e proprio giallo a luci rosse. Libidine si aggiungeva a libidine per un carico solo apparentemente innocuo alla salute: lui stesso si chiedeva come poteva aver disegnato quadri mentali così orribili, degni di un’ insospettata perversione, ma poi… si assolse, pur condannandosi nel non aver mai e poi mai, pensato di abbandonare quel mondo di bla bla.