Roma – Ciack si scrive – 03/02/2006
Si incontrarono per caso: era inimmaginabile che proprio loro due potessero avere una relazione…ma, in fondo, a pensarci bene, una sera, sotto le sue calde coperte, pensò che tanto inimmaginabile non fosse e si addormentò con questa convinzione, tra le braccia di un sogno teneramente erotico. Il giorno dopo ricordò il sorriso di lui allora, quando non avrebbe potuto essere altro che quello di un amico di famiglia, ma adesso, in quel sorriso lontano nel tempo, lei vi scorse, invece, un’ombra sfumata, seppur decisa, di desiderio. Eppure egli aveva preso la direzione opposta a quel sorriso per evidenti motivi: con la famiglia di lei condivideva motivi etici per eccellenza: borghesi; e poi era giunta l’ora per lui, come si diceva ab aeterno in gergo, di sistemarsi, e ciò non sarebbe potuto accadere di certo con una di diciassette anni più giovane di lui. Ne erano passati altri tredici e il tempo aveva eliso le distanze verso l’illusione della normalità nell’espressione di desideri mai appagati. Era partito quindi per la strada delle nozze, con una coda al seguito che era poi finita nel grembo di un lungo letargo e ora quella fisionomia addormentata stava per svegliarsi. Grazie a quella coda egli cominciò a sentire uno strano formicolio dentro verso l’esperienza del pathos e dell’ebbrezza, al punto che, questa volta, il suo corpo e il suo cervello dimenticarono la “sistemazione” e quando la rivide, egli sbrigliò quel sorriso tenuto in cattività.
Fu un susseguirsi di appuntamenti imperiosi e misteriosi: lui le sussurrava all’orecchio un linguaggio spolverato dai tempi moderni, che coprissero quella distanza anagrafica, mentre lei gli rispondeva con uno per lui tanto, ma tanto, speciale… I luoghi dove si incontravano, luoghi più segreti e suburbani, luoghi di pioggia, dalla bieca edilizia, quasi pasoliniane reminiscenze, vennero per un certo tempo rivestiti di bellezza: i rigagnoli più putridi furono prosciugati dalla loro giovinezza e i fischi dei treni sotto le gallerie rinvigorivano l’esaltante inquietudine della loro storia. Ma poi, d’improvviso, quei luoghi ripresero possesso delle loro connotazioni: generalmente si incontravano verso sera e solo un giorno a settimana, un giorno che fu poi da lei definito “il giorno del facile proibito”; dunque, uno di quei giorni lui le telefonò per dirle che aveva bisogno di un ombrello – pioveva, non era fuori di senno – e che la moglie sarebbe andata a prenderlo – con l’ombrello, s’intende, perché non si bagnasse… allora lei pianse e si chiese perché mai quel sorriso non avrebbe potuto diventare un ombrello, ma dopo, rise tanto da soffocare e capì: quel sorriso non si sarebbe più aperto su di lui. Quella storia finì e lei gli lasciò il “suo” ombrello, che egli avrebbe aperto sempre per non bagnarsi troppo.